Magnati e Popolani
sono parole, sotto le quali non vive nessuna idea determinata, concreta
Tratto da Gaetano Salvemini, Magnati e Popolani in Firenze dal 1280-1295, Tipografia G. Carnesecchi, 1899, Firenze
“Se noi cerchiamo di concretizzare le nostre nozioni sulle lotte fra i partiti nei Comuni italiani, dobbiamo confessare che quasi sempre parliamo di Magnati e di Popolani come parleremmo di due entità algebriche astratte; magnati e popolani sono parole, sotto le quali non vive nessuna idea determinata, concreta. Nei cronisti vi sono queste due parole, che si combattono; i moderni per lo più studiano come va la battaglia e riescono a farsene un'idea chiara; rispetto ai combattenti, si limitano a ripeterne solo il nome.
Che cosa vogliono dire queste parole: magnati e popolani? Quando si ripete che i Magnati eran detti anche grandi o potenti o nobili, e che i Popolani erano gli artigiani e gli impotenti, non si fa se non sostituire ad una parola avente significato indeterminato un'altra parola indeterminata pressappoco allo stesso modo. Il Giannotti (1) definisce il Popolo: «quella parte ch'è opposita a’ grandi; si come noi diciamo questi termini: grande piccolo, ricco povero, nobile ignobile, essere oppositi; e pare che l'uno non possa stare senza la intelligenza dell'altro; e di questa sorte pare che siano questi due termini: grandi e popolo, perché, datone uno, conviene per viva forza concedere l'altro». (2) Ma questa evidentemente non è una definizione; è un circolo vizioso, perché tutto il ragionamento del Giannotti si riduce a dire: il Popolo è il partito nemico dei Grandi e i Grandi sono il partito nemico del Popolo.
Allo stesso modo, se ci domandassimo perché mai Grandi e Popolani si combattevano, saremmo certo imbarazzati a trovar la risposta; salvo che non volessimo contentarci delle spiegazioni dei cronisti; i quali o attribuiscono le lotte civili alle maligne suggestioni del demonio, oppure se la cavano comodamente affermando che i due partiti si combattevano perché si odiavano; (3) la cosa è abbastanza chiara; ma perché si odiavano?
Inoltre noi sappiamo che dalla battaglia fra Magnati e Popolo, il Popolo riesci vincitore. Quali sono le cause della vittoria? La quale domanda si riduce all'altra: quali sono le forze dei due partiti avversari e da che cosa dipende la superiorità del Popolo sui Grandi?
Fra i moderni storici dei Comuni italiani, per quanto noi ne sappiamo, il Villari e il Del Lungo sono stati i primi, e anche i soli, a proporsi alcune di queste domande; e han dato ad esse della risposte, che sono oramai definitivamente acquisite alla scienza. Ma su questo campo resta sempre molta messe da raccogliere; […]”.
(1) Donato Giannotti (Firenze, 27 novembre 1492 – Roma, 27 dicembre 1573) è stato uno scrittore e politico italiano.
(2) Della Repubblica fiorentina, a cura di Théa Stella Picquet, Roma, Aracne, 2011, ISBN 978-88-548-4029-4.
(3) Queste spiegazioni dei cronisti non hanno neanche il pregio della originalità. Il «sussidio diabolico», il «sussidio dell'inimico dell'umana generazione » (G. Villani, VIII, 37, 38), sono presi a prestito dalla cultura ecclesiastica; e il Villani quando scrive (VII, 55): «riposati dallo guerre di fuori con vittorie e onori e ingrassati, per superbia o invidia cominciarono a riottare insieme tra loro»; oppure (VIII, 1): «essendo la città di Firenze più grande o possente e felice stato in tutte le cose e' cittadini di quella in grande ricchezza, ma non bene in accordo, però che la grassezza e soperchio del tranquillo naturalmente genera superbia e novità, si erano i cittadini tra loro invidiosi e insuperbiti »; oppure (VIII, 38): «il peccato della ingratitudine dalla dotta grassezza fece partorire superbia o corruzione»; non fa so non parafrasare liberamente Sallustio {Conjur. Catil., Cap VI): « sed postquani res eorum civibus, moribus, agris aucta, satis prospera satisque pollens videbatur, sirute pleraque mortalium habentur, invidia ex opuleutia erta est».
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