Giovanni Gualberto

Cenni biografici sulla vita di
Giovanni Gualberto
Fondatore di Vallombrosa
 

Nacque, probabilmente tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo, in Toscana, non lontano da Firenze (secondo le agiografie più tarde nel castello di Petroio, in Val di Pesa). Ignota è la famiglia d'origine: non sembra infatti attendibile la notizia di una sua appartenenza alla stirpe dei Visdomini, anch'essa divulgata tardivamente. Tutta la vicenda biografica di G. presenta del resto alcuni elementi di incertezza, dovuti evidentemente alla natura delle fonti che la riferiscono. La tradizione vuole che Gualberto, figlio del vir militaris Gualberto, si facesse monaco all'insaputa del padre nel monastero benedettino di S. Miniato al Monte, alle porte di Firenze. (Fonte Treccani)
 


Tratto da Germano Fornaciai, La Badia di Passignano, Firenze, Tip. e Liberia Domenicana via Ricasoli 61 - 63, 1903
 

San Giovanni, che dal nome del padre fu poi sempre d'istinto con l'appellativo di Gualberto (1), nacque in Firenze il 24 Giugno dell'anno 985, e fu il secondo genito di Gualberto Visdomini, nobile e potente cavalierefiorentino, denominato comunemente il cavaliere da Petroio, dal nome del castello che ordinariamente abitava in Valdipesa, e di Cammilla o Villa degli Aldobrandini sua moglie.
I due fratelli, il maggiore di nome Ugo, furono educati secondo il tempo e il grado loro, specialmente nell'esercizio delle armi, nel quale divennero abilissimi.
Avvenne un giorno che Ugo fu ucciso proditoriament eda un consanguineo, il quale, credasi, avesse in animo di disfarsi dello stesso cavaliere Gualberto e del suo secondo figlio Giovanni per venire in possesso di una certa eredità, che sarebbegli toccata in mancanza loro.



Alessandro Pieroni, San Giovanni Gualberto perdona e converte l'uccisore di suo fratello, Badia a Passignano


È facile immaginare, data l'indole fiera di Gualberto, se lo spirito della vendetta, così comune da essere considerata come un dovere in quei rozzi tempi, si accendesse ardentissim onell'animo di lui e del figlio suo Giovanni.
Uniti alla numerosa parentela, ai molti amici, padre e figlio andavano spiando il momento di poter vendicare l'offesa, di cui Giovanni reclamava a sè come di diritto la materiale esecuzione. Una mattina, il 26 di Marzo 1003, il caso, o come forse pensava lui, la giustizia di Dio, gli conduce improvvisamente il nemico in luogo e condizioni tali da potere con tutta facilità e sicurezzac ompire la vendetta meditata, voluta, anelata da tanto tempo e con tanto ardore. E già stava Giovanni per compierla inesorabile sul disgraziato, quando questi, vistosi perduto, si inginocchia, e in nome di Dio Crocifisso chiede al giovane furibondo di perdonargli.
 


Gualberto perdona l'uccisore di suo fratello, Attr. Niccolò di Pietro Gerini (1340/1415)


A quell'atto dell' umile, avvilito nemico, Giovanni si sentì come disarmato da una forza interna, superiore ad ogni forza umana, e subito perdonò abbracciando il nemico, e chiamandolo fratello.
Dopo questo fatto, di cui non seppe forse lì per lì rendersi ragione egli stesso, entrò nella vicina chiesa di S. Miniato, e pregando innanzi all'immagine del Crocifisso, videquesti piegare verso di lui prodigiosamente il capo.
Preso il fatto come chiamata di Dio per seguire una vita del tutto diversa da quella che menava, decise senz'altro di subito monacarsi in quella stessa badia di S. Miniato antica colonia benedettina.
A questa risoluzione si oppose ferocemente il padre di lui Gualberto, che saputolo, corse furioso al monastero, e minacciò di distruggerlo col fuoco, e di perdere la vita di tutti i monaci se subito non gli rendevano il figli ocolà nascostosi. Fortemente intimoriti, i monaci volevano costringere il giovane Visdomini a restituirsi al Padre, opponendosi decisamente a volerlo ritenere nel monastero; ma tutto fu inutile. Il risoluto giovane vedendo la paura, la pusillanimità forse di quei monaci, si recide da se stesso coraggiosamente la chioma, prende risolutamente la corolla e da se stesso se ne riveste. Così acconciato si presenta umile, ma risoluto al padre, che furibondo tenta strappargli da dosso le sacre lane, ma invano, che il giovane sa così ben resistere, che finisce per convincere il padre, e restare con lui pienamente d'accordo ,da lasciarlo anzi Gualberto con il suo beneplacito e la sua benedizione raccomandato con lacrime alla carità dell'Abate.
 


San Giovanni Gualberto, affresco di Neri di Bicci, chiesa di Santa Trinita, Firenze


Entrato che fu in monastero Giovanni divenne uomo così grave, mortificato, paziente, sobrio, obbediente, caritatevole, pio, esemplare, insomma, per guisa che dopo solo quattro anni da che era monaco, essendo morto l'abate del monastero, venne di comune consenso eletto a succedergli in quella importantissima carica. Non credendosi adatto ancora e degno di tale ufficio, il giovane monaco lo rinunziò.
Fu allora che un altro monaco, del tutto diverso da lui, si fece eleggere in sua vece abate, sborsando per questo al Vescovo di Firenze una forte somma di danaro sottratta dalle entrate del monastero che egli amministrava.
Scopertasi per omonimìa la vergognosa pratica dallo stesso S. Giovanni, ne fu così indignato che coraggiosamente l'andò a denunziare in pubblica piazza a Firenze in giorno di mercato.
Ciò suscitò un gran tumulto, avendo i simoniaci molti partigiani. Ma Giovanni fu difeso dalla numerosa e potente sua parentela e da quanti amavano la purità e il decoro della religione, e potè ritirarsi incolume. Nondimeno, non sapendosi rassegnare, e giudicando dannoso e pericoloso all'anima sua convivere con gente e sotto superiori macchiati di simonìa, andò in cerca di qualche monastero che fosse più adatto al suo spirito, e prese su per l'appennino dove sapeva dovesse esserne. Ne trovò infatti alcuni, ma nessuno gli parve ben ordinato a retta osservanza, se non quello di Camaldoli fondato di recente dal ravennate san Romualdo. Quivi si fermò Giovanni col suo compagno essendo stato umanissimamente accolto dallo stesso santo fondatore; il quale, conosciuta subito la severa virtù del giovane monaco, volle ritenerlo con sè. Ma Giovanni, pur ammirando la grande virtù di Romualdo e dei suoi discepoli, sentì che Dio lo chiamava ad una vita più attiva per il bene della religione e della società tanto combattute e disordinate dall'eresia e dalla prepotenza; e consigliatosi intorno a ciò con lo stesso amico Romualdo, lasciò Camaldoli e se ne andò a Vallombrosa, luogo allora deserto ed orrido.
Si fermò prima presso una fresca fonte sul declivio della valle dove stette alcun tempo; poi salì sul ripiano della valle stessa, e lì, trovati alcuni santi eremiti, si diè tosto aduna vita di penitenza si austera, che fu giudicata perfino eccessiva.



Presto però fu abbracciata da molti altri, e in pochi anni (1009-1015), Giovanni, da tutti essi elettosi a capo e maestro, dovette dare tale ordinamento alle abitazioni e alle pratiche della vita, da costituire una nuova, vera e propria famiglia monastica, che approvata prima dal vescovo di Fiesole, nella cui diocesi è posta Vallombrosa, e più tardi dal Papa, prese il suo nome proprio di congregazione monastica benedettina di Vallombrosa.
In questo tempo l'Imperatore Enrico il santo (2), e ssendo di passaggio per Firenze, mandò a Vallombrosa un vescovo del suo seguito a consacrare l'oratorio, che quei solitari si erano costruiti di povere materie a guisa di capannetta, come erano anche i tuguri che essi abitavano; e ad offrire insieme donativi al padre san Giovanni. Lo stesso fece la santa imperatrice Cunegonda sua consorte.
In questo stesso tempo i monaci furono grandemente vessati dai malandrini che infestavano quei luoghi, ma la pazienza e la costanza di S. Giovanni la vinsero; e mercè l'assistenza e l'aiuto dei buoni e generosi oblatori, massime della nobile badessa Ida dei conti Guidi, che donò il territorio di Acqua Bella, come allora chiamavasi il luogo ove sorge oggi la badia di Vallombrosa, la fondazione potè proseguire e consolidarsi per guisa, che in pochi anni divenne una delle più fiorenti, più forti e sopratutto delle più osservanti di quante ne contava l'ordine benedettino in quei tempi; tanto che dalla stessa celebre Badia di Cluny in Francia vennero monaci a mettersi sotto la direzione di san Giovanni Gualberto per spirito di maggiore perfezione.
Raramente, forse mai, si vide una congregazione monastica iniziarsi con sì umili principii, e crescere, e dilatarsi così presto, e dare un numero così grande di santi e di uomini illustri, e sopratutto così rigidamente osservare la regola di san Benedetto, come quella di Vallombrosa. Da ogni parte venivano a Gualberto uomini di ogni ceto ed età per mettersi sotto la sua direzione: il clero fornì il primo e maggior contingente ai discepoli di Grualberto. Da ogni parte gli venivano richieste perchè venisse a riformare questa o quella badia decaduta, o perchè volesse qua o là fondarne una di sana pianta; così che egli tra i riformati ed eretti di nuovo ebbe al suo governo ben quarantadue monasteri nella sola Toscana.
Diciamo al suo governo, poiché, sebbene a ciascun monastero proponesse uomini di sana dottrina, di santa vita, e tutti stati suoi discepoli, e perciò da lui ben conosciuti e di essi ben sicuro, nondimeno non li perdeva mai di vista, li vigilava, li teneva d'occhio visitandoli periodicamente, reprimendo, correggendo, togliendo abusi, richiamando alla retta osservanza, introducendo pratiche e costumanze più adatte ai tempi ed ai luoghi, e facendo insomma, come il vero, primo, anzi solo superiore di ciascun monastero, ed essendo sempre e da tutti, compresi gli abati, per tale ritenuto e obbedito.
Fa maraviglia vedere come egli non si desse mai riposo, e fosse continuamente in visita ora in questo or in quel monastero, non curando fatica o disagio alcuno, sofferendo anzi gravissimi dolori prodottigli dalle aspre penitenze con le quali macerava il suo corpo fino a stare durante la recita dell'intero salterio coi piedi immersi nelle gelide acque di Vallombrosa; e potesse insomma, governare tutta la congregazione come se fosse continuamente presente in ciascun monastero di essa.



Viale San Girolamo, Vallombrosa


Fu forse per questa unità di governo riconcentrata tutta in un uomo così forte ed energico, così sapiente e santo e così pratico, che l'ordine di Vallombrosa si diffuse tanto rapidamente, e si conservò tanto perfetto, che per lo spazio di tre secoli quei monaci furono quasi tutti santi; e rigido e santo si disse infatti per antonomasia l'ordine vallombrosano per tutto quel tempo.
Questo modo di governare da sè tutti i monasteri fu subito riconosciuto utilissimo dal Papa Vittore II (4), il quale nella solenne approvazione della nuova congregazione, avvenuta nel 1055, dichiarò san Giovanni abate generale di essa. Prima di lui nessuno ordine religioso aveva avuto il generale; in seguito la Chiesa lo introdusse per tutti gli altri ordini, anche per le congregazioni monastiche antecedenti alla vallonibrosana.
Un'altra cosa utilissima, essa pure accettata in seguito da tutte le altre religioni, fu introdotta da Gualberto, l'ordine dei conversi (5), chiamati con diversi nomi dagli altri ordini, a seconda delle costumanze loro, ma corrispondenti in tutto al fine per il quale li istituì Gualberto, cioè perchè attendessero alle cure, agli uffici materiali, onde non fossero distratti i monaci dalla salmodia, dallo studio, ecc.; ciò che fu ed è tuttora di grande utilità per conservare la disciplina monastica e l'osservanza regolare.
Preparatosi così un forte numero di zelanti, dotti e santi discepoli, tra i quali ne ebbe dei nobili e degli abilissimi anche per trattare pratiche delicatissime presso principi e pontefici, Giovanni Gualberto si dette ad un vero, indefesso, generale apostolato per sostenere le ragioni della chiesa, e difendere la fede e i costumi dagli attacchi, dagli scandali, dai mali tutti degli eretici, i quali veduto che in lui avevano il più potente avversario, e, certi di soccombere, tentarono ora la calunnia ora la forza fino al punto di attentare alla sua vita stessa e disfarsene, trucidando i suoi monaci, inventando quanto può la cattività umana, per opprimere il forte, valoroso difensore della fede. Ma la santità, la verità trionfa: gli eretici, simoniaci e nicolaiti, dovettero soccombere, massime dopo la prova del fuoco avvenuta alla Badia a Settimo verso il 1067.

Giovanni del Biondo, San Giovanni Gualberto e storie della sua vita, 1370
Cappella Bardi, chiesa di Santa Croce, Firenze


Ne soltanto in Toscana, ma a Roma, a Milano, da per tutto manda Giovanni i suoi discepoli a combattere gli eretici, a riformare monasteri, togliere abusi specialmente nel clero, ristabilir l'ordine da pertutto turbato. Fonda parrocchie, spedali, rifugi, collegi, seminari per chierici e per nobili. La carità è però sempre la corona di tute le opere sue: distribuisce a turbe affamate quanto ha di viveri e di beni, perfino i paramenti sacri, i sacri arredi sono elargiti ai poveri. E Dio rimunera la sua carità con insperati soccorsi e con prodigi, gli dà il dono della profezia e dei miracoli, onde scruta l'interno dei cuori, prevede e predice l'avvenire, sana infermi moltiplica le vettovaglie, libera da certa morte, ed opera continuamente prodigi a prò dei miseri.
Il nome di S. Giovanni Gualberto diviene perciò ogni giorno più grande e venerato ai popoli, agli imperatori, ai Papi, che lo invocano, lo ricercano, lo visitano nei suoi monasteri, come S. Leone IX, che nel 1051 si recò espressamente a Passignano in Valdipesa per vederlo e raccomandarsi alle sue preghiere.
In questa occasione il santo abate non avendo nulla da offrire al pontefice, mandò due monaci a pescare in una pozzanghera nella quale mai erasi veduto pesce e ne ritrassero due grossi lucci.
Così tra lotte e trionfi, tra prodigi ed opere moltissime di penitenza e di carità, tra le benedizioni dei popoli e l'ammirazione dei grandi, passò Gualberto la santa lunga sua vita facendo sempre del bene, «pertransiit, veramente, benefacendo».



Altare sulla tomba di S. Giovanni Gualberto nella Chiesa del Monastero di S. Michele a Passignano
 

Giunto all'età di 88 anni, trovandosi nel monastero di Passignano per la consueta visita, infermò; e dopo di essere stato assistito per tre giorni visibilmente da un angelo, che a lui si mostrava in abito monastico, fatta la sua professione di fede, che volle fosse posta, scritta, entro il suo sepolcro; e diretta ai suoi figli spirituali, i monaci vallombrosani, una lettera tutta intenta a raccomandare la carità e l'unione fraterna, la grande anima di S. Giovanni Gualberto volò al cielo, il dì 12 di luglio del 1073. Il santo corpo  fu composto nel sepolcro del sotterraneo della chiesa di Passignano, da dove poi il 10 di ottobre 1210 fu traslato nella chiesa superiore, e finalmente il 25 novembre del 1580 venne trasferito nella bella cappella a lui dedicata in quelle stessa chiesa alla sinistra dell'altar maggiore per chi entra.
S. Giovanni Gualberto, fu canonizzato da Celestino III (6) nell'anno 1143.

D. F. Tarani.


(1) Giovanni Gualberto nacque, probabilmente tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo, in Toscana, non lontano da Firenze (secondo le agiografie più tarde nel castello di Petroio, in Val di Pesa). (Fonte Treccani)
(2) Enrico II il Santo (Bad Abbach o Hildesheim, 6 maggio 973 o 978 – Grona, 13 luglio 1024) è stato re d'Italia dal 1002 al 1024, imperatore del Sacro Romano Impero e ultimo esponente della dinastia degli Ottoni. Figlio di Enrico II di Baviera, alla sua morte, nel 995, divenne Duca di Baviera con il nome di Enrico IV di Baviera. È stato dichiarato santo. Anche sua moglie, Cunegonda, rientra nel novero dei santi della Chiesa cattolica.
(3) Cunegonda (Lussemburgo o castello di Gleiberg presso Gießen, 978 circa – Kaufungen, 3 marzo 1039) chiamata anche Cunegonda di Lussemburgo, fu imperatrice di del Sacro Romano impero e fu proclamata beata e santa.
(4) Vittore II, nato Gebhard dei conti di Calw, Dollnstein e Hirschberg, talvolta erroneamente chiamato Papa Vittorio II (1017 circa – Arezzo, 28 luglio 1057), è stato il 153º papa della Chiesa cattolica dal 1054 alla sua morte. Fu il quinto papa tedesco della chiesa cattolica.
(5) Il frate converso è un religioso che appartiene ad un ordine e veste l'abito religioso. Normalmente è incaricato dei lavori manuali, di servire alla chiesa e ai religiosi negli uffici minori. Non essendo tenuto al lungo corso degli studi, ma soltanto all'esercizio delle opere manuali è libero da impegni di studio, di culto e di apostolato propri del frate sacerdote. Generalmente aiuta e assiste i sacerdoti.
(6) Celestino III, al secolo Giacinto di Pietro di Bobone (Roma, 1106 circa – Roma, 8 gennaio 1198), è stato il 175º papa della Chiesa cattolica dal 1191 alla morte. Governò la Chiesa per sei anni, nove mesi e nove giorni e morì l'8 gennaio 1198.

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