Basilica di San Miniato al Monte
La basilica di San Miniato al Monte è uno dei migliori esempi di romanico fiorentino.
A volere scrivere l'istoria di S. Miniato al Monte non basterebbe un grosso volume, tanti sono i ricordi che in ogni epoca vi si riferiscono. Sarebbe perciò impresa troppo ardua e affatto contraria all'indole di quest'opera, il volersi avventurare nel mare magno delle memorie e dei documenti, per cui preferisco di dare un cenno generale della storia di S. Miniato al Monte, riassumendo brevemente le notizie fornite dal Lami e la guida dell'egregio Avv. Giov. Felice Berti, pregevolissima pubblicazione fatta nel 1850.
Incerta è la fondazione di questa chiesa, che taluni storici pretendono edificata nel IV secolo e nulla di certo si può dir di lei fino all' anno 1013, in cui Ildebrando vescovo di Firenze trovandola quasi distrutta e negletta, coll'aiuto e consenso di Arrigo imperatore e di sua moglie Cunegonda, la restaurò, l'accrebbe, l'adornò di marmi, la eresse in monastero, come sembra che fosse già stata precedentemente, e di molte e splendide donazioni l'arricchì, aggiungendo altri possessi alle terre che nel 1774 le aveva offerto Carlomagno. Fra i monaci che vennero ad abitarvi, e furono Benedettini, era pure Giovan Gualberto fondatore dell'ordine de' Vallombrosani, poi santificato, che da S. Miniato fuggì scandalizzato per la simonia usata dal vescovo.
I vescovi fiorentini erano gli assoluti padroni della basilica di S. Miniato e dell'annesso monastero, ed avevano il diritto di elezione dell'abate; anzi nel 1200 il vescovo Pietro scomunicò quei monaci che avevano osato di eleggersi da loro stessi l'abate. Il soggiorno delizioso di San Miniato invogliò il vescovo Andrea de' Mozzi di starvi alcun tempo e difatti nel 1294 ordinava a proprie spese la costruzione del magnifico palazzo merlato che sorge accanto alla chiesa.
Stettero i Benedettini a S. Miniato fino al 1373, e ai 27 agosto di cotest'anno vi tornarono in loro vece gli Olivetani. Arricchito dalle continue donazioni, di castelli, di terre, di patronati, il convento di S. Miniato fu uno dei più splendidi della Toscana. Fu nel 1553, quando Cosimo I ridusse tutto a fortezza, che gli Olivetani dovettero cedere il posto ai soldati e ritirarsi nel loro convento del Monte Oliveto , seguitando però ad ufiziare la chiesa fino al 1557 nella qual'epoca le fu tolta la cura ripartendola fra S. Margherita e S. Leonardo.
La Chiesa è il più meraviglioso e perfetto modello delle antiche basiliche. Ha tre navate con 9 archi per parte, la tribuna alla quale si accede per due ampie scale e la confessione o cripta sostenuta da 36 colonne di macino. Le colonne che dividono la navata principale dalle due minori, erano parte di pietra e parte di marmo; ma negli ultimi restauri furono, si può dir barbaramente, ricoperte di stucco dipinto a marmo.
Ora brevemente osserviamo le cose più pregevoli fra quelle che in gran quantità adornano quest' antica ed insigne basilica. Degno di attenzione è il bel pavimento intarsiato a marmi colorati che sta dinanzi alla porta principale e che fu fatto nel 1207. La leggiadra cappella che sta sotto la tribuna in faccia alla porta d'ingresso fu eretta a spese di Piero de' Medici detto il Gottoso col disegno del Michelozzi per accogliere il crocifisso detto di S. Giovanni Gualberto, trasportato poi in S. Trinità. La tavola dell'altare è della scuola Giottesca e parve lavoro cosi eccellente che taluno volle attribuirla a Spinello Aretino. Nella cappella che si disse del Cardinale di Portogallo ricca di marmi, si ammira il bel sepolcro di Jacopo dei Reali di Portogallo, arcivescovo di Lisbona e cardinale, morto in Firenze nel 1459; è di Antonio Gamberetti detto il Rossellino ed è riguardato come una meraviglia dell'arte. La tavola dell'altare è attribuita a Piero del Pollajolo; i bassorilievi sono di Luca della Robbia. Gli affreschi che adornano la parete dal lato destro sono del XIV e XV secolo e taluni portano il nome di Paolo di Stefano colla data 1426.
Di quelli della parete a sinistra un S. Girolamo sembra opera di Andrea del Castagno.
Il coro che occupa il centro della tribuna, fu fatto nel 1466 da Giovanni di Domenico da Gajole e Francesco di Domenico detto Monciatto, e costò 1300 fiorini. È adorno di pregevoli tarsie. Dietro l'altare si vedono alcune finestre chiuse da lastre di fengite o pietra speculare trasparente. Il mosaico nella cavità della volta è, secondo il Vasari ed il Borghini, opera del X secolo. Sull'altar maggiore è un crocifisso di Andrea della Robbia; vicino alla porta della sagrestia è una tavola dipinta da Agnolo Gaddi. I mirabili affreschi della sagrestia dipinti, a spese di Benedetto degli Alberti, da Spinello Aretino, furono restaurati venticinque anni fa dal valente Prof. Antonio Marini di Prato. Gli armadi ed i banchi, adorni di tarsie e d'intagli, furono eseguiti nel 1472 dallo stesso Monciatto che lavorò al coro. Nella chiesa fra i vari monumenti sono da notarsi quello a Giuseppe Giusti opera dello scultore Bilancini, quello al pittore Bezzuoli del prof. Santarelli e quello a Pietro Thouar del prof. Romanelli.
Accanto alla facciata della basilica, incrostata di marmi bianchi e neri, restaurata a cura dell'arte dei Mercatanti che la coronarono della loro arme, sorge in tristissime condizioni e barbaramente guasto in altri tempi il Palazzo dei Vescovi che come abbiamo detto, fu costruito dal vescovo Andrea dei Mozzi. Il vescovo Antonio d'Orso, lo stesso che nel 1312 combattè alla testa del clero per la difesa della patria minacciata da Arrigo imperatore, lo condusse a termine e vi appose i propri stemmi nel 1320.
II Campanile eretto da Baccio d'Agnolo (Baglioni) nel 1518, rammenta le gesta del celebre bombardiere Lupo che, dall'alto di quello, gettava la confusione e lo spavento nel campo degli assedianti, co' ben diretti spari del suo cannone, il campanile serba le tracce dei danni che gli produssero i proiettili nemici prima che fosse protetto da materasse e poi da un monte di terra fattovi inalzare dal Buonarroti.
La fortezza di S. Miniato, eretta provvisoriamente da Michelangiolo nella circostanza dell'assedio, e con due ale o cortine di mura delle quali si veggon tuttora i ruderi, riunita alla città, venne rifatta, per ordine di Cosimo I, dal S. Gallo espertissimo nel costruire fortificazioni tantoché si vuole che sulle sue opere studiasse perfino il celebre Vauban.
Ora io spazio compreso entro i bastioni della fortezza è occupato dal cimitero monumentale dove si ammirano ricchissime cappelle formanti splendidi mausolei e tombe adorne di pregevoli opere di architettura e scultura.
Tratto da Guido Carocci, I Contorni di Firenze, guida Storico - Artistica, Firenze, Editori Galletti - Cocci, 1875.
La pieve è ricordata in un documento datato 12 aprile 970 facente parte dell'Archivio Arcivescovile di Pisa.
Il Crocifisso ligneo nella navata destra forse è stato intagliato dal legno dell'albero che miracolosamente rinverdì
L'antichissima chiesa di Sant'Apollinare a Firenze si trovava nell'attuale piazza San Firenze.
Nonostante le trasformazioni nel XVI-XVII secolo, la Chiesa rimane un affascinante tesoro storico e artistico.