Il Cenacolo del Fuligno in via Faenza a Firenze nell'ex-monastero di Sant'Onofrio custodisce l’Ultima Cena attribuita a Pietro Perugino. Questo luogo suggestivo ed insolito offre un viaggio attraverso lo spazio e il tempo alla scoperta delle numerose opere legate a questa iconografia, commissionate da conventi e monasteri fiorentini. Queste opere costituiscono un prezioso patrimonio artistico che si estende dal XIV al XVI secolo.
Stendhal, nei suoi scritti, racconta di aver provato la sensazione di malessere, nota come "Sindrome di Stendhal," proprio all'uscita dalla Basilica di Santa Croce. Questa basilica conserva il più antico esempio di Cenacolo fiorentino, risalente al 1355 e storicamente attribuito a Giotto, ma in realtà opera di Taddeo Gaddi. Attraversando l’Arno e avanzando nel tempo, si arriva alla Basilica di Santo Spirito, dove la Fondazione Romano conserva i frammenti del Cenacolo realizzato da Andrea Orcagna intorno al 1360. Il Cenacolo di Santa Apollonia, affrescato da Andrea del Castagno nel 1447, è il più antico esempio rinascimentale dedicato all’Ultima Cena. Domenico Ghirlandaio ha lasciato a Firenze due cenacoli: uno a Ognissanti e uno a San Marco. Andrea del Sarto lavorò per il Convento di San Salvi, realizzando negli anni '20 del Cinquecento una spettacolare Ultima Cena in stile Leonardesco. Il Cenacolo della Calza, accanto a Porta Romana, realizzato dal Franciabigio, conclude questo viaggio artistico con il suo dinamismo e concitazione.
Il Cenacolo del Fuligno era originariamente il refettorio delle terziarie della Beata Angelina da Marsciano, che fondò il primo convento a Foligno. Sulla parete di fondo, il grande affresco dell’Ultima Cena, scenografico capolavoro della fine del Quattrocento, è attribuito a Pietro Perugino e ai suoi collaboratori. Il Cenacolo prende il nome dalle monache francescane provenienti dall'Umbria che lo occuparono a partire dal 1419. In precedenza, dal 1316, aveva ospitato un gruppo di monache agostiniane. Nel Quattrocento, il complesso fu ristrutturato e abbellito, grazie anche all'influenza delle nobili religiose suor Onofria de' Conti d'Abruzzo e suor Giovanna di Onofrio degli Onofri, che diedero grande impulso al monastero. Durante questo periodo, molte nobildonne fiorentine entrarono a far parte della comunità.
Lorenzo de' Medici e la famiglia Lapaccini sovvenzionarono il complesso claustrale in quegli anni, e la scuola del Perugino fu chiamata a decorare gli ambienti del monastero. Il monastero fu soppresso nel 1800 e successivamente adibito ad educatorio femminile.
Il Tabernacolo ospita due affreschi di epoche diverse e fu teatro di un tragico omicidio settecentesco.
La chiesa ha avuto un ruolo nella storia fiorentina, culminato negli anni Trenta del secolo scorso con le "Messe dei poveri".
La Chiesa di Santo Stefano a Firenze, testimone secolare di devastazioni e rinascite, custode di affreschi e misteri perduti.
La pieve è ricordata in un documento datato 12 aprile 970 facente parte dell'Archivio Arcivescovile di Pisa.