Piazzale Michelangelo, 1892

Guido Carocci (Firenze, 16 settembre 1851 – Firenze, 20 settembre 1916) parla del Piazzale Michelangelo nel 1892, poco più che ventenne.
(Guido Carocci, “I contorni di Firenze” – Galletti e Cocci Tipografi-Editori, 1875).
[...] Piazzale Michelangiolo, il luogo che tiene occupato in una lunga e piacevole contemplazione il passeggero che qui si reca a bearsi nella vista di una sublime creazione della natura e dell’arte unite insieme. L’ammirazione più fervida, il sogno più vago del poeta e dell’artista, non potranno mai ideare spettacolo più divino, più magico di quello, che dal Piazzale Michelangiolo si estende dinanzi allo sguardo.
Il Piazzale Michelangiolo, che occupa uno spazio di terreno appartenente già ai frati di S. Salvadore al Monte ed ai PP. di S. Firenze, ha la forma di rettangolo, dai lati irregolari, avente per base la gran terrazza che s’ appoggia al monticello di S. Salvadore, e sulla quale sorge la elegantissima loggetta costruita col disegno dell’ architetto Poggi. Cotesta loggia, cinta da vago giardinetto, dovrà servire ad uso di ristoratore, nonostante che qualcuno avesse vagheggiata l’idea di una tribuna Michelangiolesca, per accogliervi copie, stampe, e fotografie delle opere del Divin Buonarroti. Un laghetto abbastanza esteso, cinto da una ghirlanda di variopinti fiorellini e con un alto e limpido getto nel centro, fa tranquillo specchio alla terrazza ed alla loggia, in faccia alla quale, in mezzo al piazzale, sorge la copia in bronzo del David di Michelangiolo, avente ai quattro angoli della base, le statue del Crepuscolo, della Sera, del Giorno e della Notte, scolpite dal Buonarroti sulle tombe di Giuliano e Lorenzo de’ Medici in San Lorenzo. Tutte coteste riproduzioni in bronzo opera dell’illustre e compianto Prof. Clemente Papi, sono uscite dalla R. Fonderia di Firenze, che egli da lungo tempo meritamente dirigeva.
Il colpo d’occhio che si presenta da ogni lato non potrebbe esser più imponente, più spazioso. Cominciando da mezzogiorno, eccoti su in alto la basilica di San Miniato colla sua ricca necropoli, più avanti la torre del Gallo, Giramonte, Borghetto d’Arcetri, San Leonardo, la Fortezza di Belvedere, oggi ridotta a carcere militare, e di lì la linea delle pittoresche mura della città che munite di merli e di torri scendono fino alla Porta a S. Miniato. Firenze, con tutti i suoi palagi e le migliaia di case, al disopra delle quali maestosi si ergono, il Duomo, Palazzo Vecchio, OrSanMichele, Santa Maria Novella, Santa Croce, il Pretorio ecc. si stende ai piedi del piazzale a guisa d’un tappeto, solcata dal suo Arno che a guisa di nastro argentino serpeggia poi nella pianura che a perdita d’occhio si spinge fino alla base dei poggi di Artimino, di Carmignano, ed alle balze degli Appennini Pistoiesi. Quanti borghi, quante case, quante ville ti si presentano allo sguardo là fra il verde di quegli ubertosissimi piani! Peretola, Brozzi, S. Donnino, la Villa di S. Donato, la torre degli Agli ti appajono là dietro al bosco delle Cascine, e più verso la montagna eccoti lontano, lontano, fra la nebbia, le torri ed i palagi della bella Pistoia, più qua la linea bianca delle case di Prato, la Manchester della Toscana, il turrito castello di Calenzano, de’ Ginori, il grosso borgo di Sesto, la celebre manifattura di Doccia, la vaghissima collina di Quinto, le Ville Reali di Castello e della Petraia, e poi i borghi popolatissimi che si distendono fino alle barriere della città.
Dal lato di tramontana, eccoti dinanzi la bella linea di poggi e colline che chiude la valle dell’Arno ; i poggi di Val di Marina, Monte Morello, l’ Uccellatojo col parco superbo di Pratolino, e più avanti Castiglion di Cercina, le colline di Montorsoli e di Trespiano, il poggio Fiesolano guarnito di case e di Ville, i dilettosi colli di Majano, l’alto e petroso Monte Ceceri e poi i colli di Vincigliata, di Settignano, di Terenzano con i villaggi omonimi e tante ville, non ultima delle quali per grandezza e per aspetto di antichità quella di Montalbano.
A pie di questi colli e di quelli di Villamagna, dell’incontro e di Monte Pilli che chiudono l’orizzonte da levante, si stendono divisi dall’Arno i piani di S. Salvi e di Ripoli, l’uno famoso pei suoi campi di ortaggi, l’altro per la prodigiosa quantità di alberi fruttiferi che lo fecero chiamare il pomajo di Firenze.
Le falde del colle sul quale stendesi il piazzale Michelangiolo sono percorse da un bello stradone a branche e da varie strade che dolcemente discendono fino al piazzale della Porta a S. Niccolò. Tutta la ricchezza ed il buon gusto dell’ arte moderna di ornare i giardini trovansi qui posti in opra a far più vago questo soggiorno delizioso. Qui sono ajuole fiorite, qui boschetti, qui sedili rustici, qui sentieruzzi che s’arrampicano sul masso e qui laghetti posti in diversi piani in guisa che l’acqua, dall’uno in pittoresche cascatelle cada nell’altro.[...]


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